Max Verstappen, la bellezza è nel dominio
Ritratto di un pilota purosangue, in pista e fuori.
Nascere ad Hasselt, nel Limburgo belga, per molti anni del XX secolo ha significato nascere con un destino segnato: diventare minatori. Una predestinazione data dalle sette miniere di carbone che hanno caratterizzato la storia sociale e lo sviluppo industriale della provincia, la più orientale delle fiandre: terra di miniere fatta di lavoro duro, di emigrazione e immigrazione, di ospitalità, di mescolanza di persone ma allo stesso tempo di tradizioni e forte identità.
Può capitare anche, però, di nascere ad Hasselt al tramonto del Novecento, nel 1997, quando le miniere hanno chiuso da decenni ridisegnando il paesaggio, e di avere un padre che di lavoro fa il pilota di Formula 1. Allora il destino è già segnato, in modo profondamente diverso da quello dei minatori del Novecento. Molto probabilmente padre Jos metterà il figlio al volante di un kart molto presto, per vedere se quest’ultimo ha talento.
Papà Jos avrà denaro, conoscenze, ambizione ed esperienza per farlo crescere e magari diventare un pilota professionista, forte quanto lui e, perchè no, anche più veloce. E con la giusta educazione, disciplina, strategia sportiva e tecnica lo porterà a diventare campione del mondo, il più giovane della storia, e a dominare la categoria come i più grandi; come Fangio, Senna, Schumacher o Lewis Hamilton.
Max Verstappen è nato in Belgio, ad Hasselt, ma non sarà mai legato ai suoi luoghi di nascita, complice la doppia cittadinanza e l’aver sempre corso con licenza dei Paesi Bassi. La madre Sophie Kumpen nel 2015 dichiarò che “l’unica identificazione che Max ha è belga” mentre lui dice di “sentirsi più olandese”. Una diatriba identitaria abbastanza superflua per chi pratica lo sport più apolide del mondo, nonostante le folle olandesi orange seguano Verstappen jr come un eroe nazionale fin dagli inizi della sua carriera.