🟢 Contrasti ULTRA #17
Non siamo tutti Egonu e Sinner. Decreto crescita, un'opportunità per il nostro calcio? Il ritorno di Nadal, come si spiega il fenomeno Littler.
Non siamo tutti Egonu e Sinner
Toste, queste feste. Ve lo devo confessare, sono uscito a dir poco malconcio da tutti gli auguri, i buon Natale e i felice anno nuovo; dai pasti, dall’alcol, dalle famiglie disastrate e quell’angosciante sensazione di vuoto che ti assale il 25, il 26 e che nessuna Premier League e nessuna scommessa sulle serie minori inglesi e sui campionati giamaicani e tunisini potrà mai colmare. E poi il Capodanno, con il suo inutile prestazionismo e con tutte quelle ancor più inutili coppie che portano torte rustiche, si agghindano da impiegate della mondanità e preparano terribili mise en place che il solo conoscere l’espressione mi conferma che sono parte del problema. Io vi odio, ma odio anche me stesso che non me ne sono mai andato da qui perché sono un vigliacco, a perdermi nel mondo tipo i fricchettoni a Katmandu prima di capire che in fondo dove cazzo vuoi andare, e tornare a casa dopo tre anni come un reduce dal Vietnam provando disperatamente ad accasarti e a riversare la tua disperazione su un figlio.
Il problema, signori miei, è che siamo diventati vecchi e rischiamo di fare una brutta fine. Come Lele Adani, che ulula alla luna e imita gabbiani, che poi chissà se è felice, povero, una cosa che non gli ha chiesto mai nessuno – direi di no, a giudicare dal grado di psicopatologia e dissociata mitomania che ha raggiunto: aiutiamolo, basta che sia a casa sua (e con il supporto di uno specialista).
Non è semplice diventare vecchi dicevo, crescere in questo periodo storico di giovanilismi e di social network, che poi li vedi i giovani, vedi le loro icone e ti chiedi quale spazio c’è ancora per te, in questa società disgraziata e senza Dio che tu puoi pure essere ateo, ma un Dio ti serve, almeno come presenza, almeno come padre da non riconoscere.
Fatto sta che almeno posso ricominciare da dove ho finito, e per questo devo ringraziare l’Espresso che dopo aver eletto persona dell’anno Elena Cecchettin ora ha battezzato gli sportivi italiani dell’anno, “Paola e Jannik”, che detta così sembra il nome di un intrigante quanto esotico duo musicale. Per fortuna c’è L’Espresso allora, il caffè ma soprattutto il giornale, che mi consola un po’, mi regala qualche gioia, che insomma è sicuro, “siamo tutti Egonu e Sinner” (rigorosamente prima la donna), modelli per le nuove generazioni e di queste rappresentanti.
«Con Jannik e Paola assistiamo ad un’evoluzione delle icone nazional-popolari, così lontane dallo stereotipo di italiani che ci siamo e ci hanno cucito addosso. Rispecchiano la loro generazione, fluida e globalizzata, Netflix e TikTok. E forse, finiremo per assomigliare a chi, questa bandiera, la porta in alto: capelli rossi e pelle nera».